Patricio Enriquez è un urbanista e un architetto. Ha uno studio a Milano, insegna al Politecnico, ma è più facile incontrarlo durante un’assemblea che discute gli effetti sul territorio brianzolo dell’autostrada Pedemontana lombarda o che affronta con i cittadini di Sesto San Giovanni i rischi del progetto di “riqualificazione” dell’area ex Falck, quello firmato da Renzo Piano.
Forte di un’esperienza maturata “sul campo”, oggi a fianco dei comitati ma prima da dirigente in alcuni Comuni, Enriquez ha mandato in libreria per Maggioli editore “Addio urbanistica, appunti per un progetto di governo del territorio” (14 euro).
Qual è la differenza tra l’urbanistica e il governo del territorio? Che cosa rappresenta la legge lombarda del 2005?
L’urbanistica è una materia che si pone tra quelle umanistiche e quelle scientifiche, poiché si occupa del comportamento umano e delle modalità di insediamento nel territorio. L’esigenza di regolamentazione del suolo nasce in età moderna per correggere gli effetti negativi derivanti dall’ampliamento delle città industriali e dai fenomeni di urbanizzazione della campagna.
Compito dell’urbanistica è quello di assicurare, pur promuovendo lo sviluppo edilizio, la tutela e l’uso razionale del territorio per contenere gli effetti più deleteri di esso: sovraffollamento, inquinamento, alterazioni idrogeologiche, inadeguatezza dei servizi.
Il governo del territorio, invece, nasce da motivazioni finanziarie del terzo millennio, con la cosiddetta riforma della Costituzione, sancendo l’affermazione della rendita fondiaria ed economica dei suoli. In altri termini, il governo del territorio è il garante del ruolo determinante della finanza nell’edilizia rispetto alla tutela del territorio.
La legge urbanistica lombarda del 2005 rappresenta l’esempio più calcante di come la tutela sia secondaria alla finanza, e l’aspetto più preoccupante è come tale legge stia facendo da scuola nel territorio italiano.
Nel tuo lavoro di urbanista hai seguito e accompagnato numerosi movimenti che hanno cercato di far valere il proprio punto di vista nell’elaborazione di piani o strumenti urbanistici in vari Comuni della Lombardia. Nel libro dai conto, però, dei limiti dei processi di “partecipazione”. Quali sono i principali?
Intanto la partecipazione nei piani urbanistici è dovuta alla recente introduzione di normative ambientali di matrice europea. E senza tali norme in Italia, forse, non sarebbe mai stata introdotta. Ma in Italia continua a sussistere una “devianza” che confonde -volutamente- procedure ambientali e procedure partecipative di condivisione delle scelte.
Generalmente, salvo rari casi, possiamo parlare semmai di “momenti informativi”, dove il Comune illustra le scelte già prese e caso mai decise insieme a qualche “stakeholder” referenziato e ben accreditato. L’uso oramai generalizzato di un termine anglosassone, invece di uno latino, rende bene già l’idea del significato che si dà alla partecipazione, la quale è diventata una procedura di mera ottemperanza di un obbligo di legge, piuttosto che una vera occasione per acquisire (altro…)
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